Prodotti tipici mantovani

 

Sugolo (ricetta per 4/6 persone)

Si tratta di un dolce a base di mosto, legato con farina e la sua origine si perde nella notte dei tempi: si dice derivi dalla sapa, di romana memoria. Per tradizione si preparava a Natale, insieme al Bussolano (al Bisulan; torta tipica), oltre che nel periodo del mosto. E' un dolce di preparazione semplicissima ed estremamente gustoso.

Ingredienti:
- 1 quarto di litro di mosto
- 25 gr di farina
- zucchero se serve

Preparazione:

Stemperare con molta cura la farina nel mosto (1 cucchiaio per ogni bicchiere di mosto). Se, a proprio gusto, il mosto non fosse sufficientemente dolce, si può correggere aggiungendo zucchero. Mescolare di continuo con la frusta e lasciare cuocere per qualche minuto fino a quando non si  sente più il sapore di farina. Bagnare le tazze o il piatto nei quali sarà servito il sugolo con acqua o con vino e versare il composto caldo.

Lasciare raffreddare completamente prima di consumare oppure conservare in frigorifero (solo per pochi giorni).

Note:

Per chi non dispone del mosto, ma dell'uva, si può procedere come segue:

Lavare e sgranare 1kg e mezzo di uva (si consiglia quella nera da pasto). Mettere i chicchi in pentola a fuoco basso per circa mezz'ora. Gli acini cominceranno a gonfiarsi ed a spaccarsi, devono rilasciare il succo fino a che tutta la polpa si sia sciolta. Mescolare di tanto in tanto. Per estrarre il succo, è sufficiente passare il tutto al passaverdura (inclusi i semi dell'uva). Al confine con l'Emilia il sugolo preparato così si chiama “carpada” (crepata), nome derivato appunto dalla crepatura degli acini. Una volta ottenuto il mosto si procede con la preparazione.

 

Mostarda mantovana

La mostarda è uno dei prodotti tipici della cucina mantovana, ingrediente essenziale per preparare i famosi tortelli di zucca. Da allora è diventato un alimento esclusivo e prelibato preparato appositamente dagli speziali. Vengono utilizzate esclusivamente mele cotogne o le famose pere mantovane ma esistono anche altre versioni, basate sulla stessa idea, frutta candita ed aromatizzata con senape, tipiche di altre zone. La più celebre è la mostarda cremonese, con frutti interi di diverso tipo o la mostarda vicentina, con la frutta tritata finemente. E cominciano a diffondersi le mostarde di ortaggi.

La più antica ricetta di mostarda che si conosce è stata pubblicata nella prima metà del'300. Si può considerare la madre di tutte le mostarde.

Preparazione: 
La frutta va sbucciata,
tolto il torsolo và tagliata a fette sottili. Mescolarle con lo zucchero (1/2 kg. di zucchero per 1 kg. di fettine). Lasciata riposare per 24 ore coperta di zucchero. Poi si scola il liquido, lo si fa bollire, lo si versa sulla frutta stessa e si lascia riposare per 24 ore. L'operazione va ripetuta tre volte. Il quarto giorno si fanno bollire insieme a lungo frutta e sciroppo, si aggiunge senape liquida (nove gocce ogni chilo se la senape è di tipo piccanteeee oppure 13/14gocce se normale) e si lascia riposare qualche ora prima di trasferire il tutto in vasetti a chiusura ermetica. Questa mostarda è usata soprattutto come ingrediente dei tortelli mantovani, o come contorno per lessi e bolliti, o abbinata al Grano Padano o al Parmigiano Reggiano.

Note:

Le gocce di senape sono reperibili in farmacia e vanno comunque trattate con molta, molta cautela, i fumi sviluppati dalla stessa possono provocare intossicazioni, ustioni agli occhi o all’apparato respiratorio. Chiedete consigli al farmacista di fiducia!! Oggi le mele cotogne sono abbastanza rare e quindi si possono sostituire con mele campanine o renette od altre varietà di mele o pere. Sempre e comunque a pasta molto soda, ed anche un po' acerbe.

 

Salame, salamelle e cotechino:

Per tradizione a Mantova il maiale si utilizzava tutto per salami e cotechini, anche i prosciutti e le coppe venivano macinati per essere insaccati in questi due salumi; al massimo si conservavano le pancette.  Il salame mantovano si ricava dalla parte più pregiata del maiale.

La carne viene macinata a grana piuttosto grossa e vi si aggiungono dal 15 al 30 % di lardo.
Questa è la proporzione dei condimenti per un quintale di macinato:

  • sale kg. 2,8

  • pepe gr. 80

  • noce moscata gr. 20

  • cannella gr.40

  • aglio gr. 180

  • potassio nitrato gr.10

La stessa miscela di carni ed aromi viene utilizzata per le salsicce (le salamelle).  Il cotechino si ricava dalle parti più andanti del maiale, macinando, insieme alla carne, anche una parte di cotiche (da cui il nome). La miscela è praticamente la stessa del ben più noto zampone emiliano, la differenza fondamentale sta nel contenitore, il cotechino viene insaccato nel budello, lo zampone nella pelle dello zampetto.
Questa è la proporzione per un quintale di macinato:

  • Cotenne 33%

  • Gola 33%

  • Muscolo e guancia 34%

  • sale kg. 2,7

  • pepe gr. 100

  • noce moscata gr. 30

  • cannella gr.50

  • chiodi di garofano gr. 20

Salame Mantovano

Le prime notizie sul salame Mantovano risalgono addirittura al 1492. Non esiste una tipologia standard di produzione: le varianti sono infinite. La pezzatura va dai 500 grammi ai 3,5 chili, il diametro può misurare 5 o 15 centimetri e la lunghezza va dai 20 agli 80 centimetri. Comune a tutte le tipologie è la presenza importante di aglio fresco e di pepe nero in grani interi o spezzati. Poi c’è chi mette un po’ di grappa, chi un po’ di Lambrusco, chi profuma con chiodi di garofano o con cannella. La carne ben mondata, macinata e condita, è insaccata in budello suino naturale. Dopo 12 ore di asciugatura, i salami vanno in ambienti freschi, umidi e aerati a stagionare: le pezzature piccole per almeno 3 mesi, quelle grandi per minimo 6 mesi. Il miglior salame Mantovano ha un colore rosso fragola intenso, una pasta soda e morbida, una grana grossa, sapore armonico, odore fragrante, complesso e un fine aroma di aglio.

 

Salame con la lingua

Secondo una tradizione antichissima il salame con la lingua si consuma per la festa dell’Ascensione, la quarta domenica di maggio. Si fa con la lingua del maiale, tagliata longitudinalmente e infilata con un apposito attrezzo dentro il salame già insaccato. Il resto dell’impasto è carne di maiale macinata (70% di magro; 30% di grasso), sale, pepe, aglio e, a seconda delle ricette, cannella e chiodi di garofano. Il salame di lingua non deve stagionare a lungo e prima del consumo deve essere lavato accuratamente e cotto per tre, quattro ore. Si mangia a fette, solitamente caldo, ma è ottimo anche freddo.

Cotechino Mantovano

Un terzo di muscolo dei quarti anteriori,  un terzo di gola,  un terzo di cotiche: questa è da sempre la ricetta del cotechino che si prepara in provincia di Mantova. Carni suine e cotenne, macinate a grana media, sono salate e insaccate in budelli naturali; i cotechini sono poi lasciati asciugare per un giorno o due. La forma è cilindrica, il peso medio sui 700, 800 grammi, il colore rossastro-bruno, l’odore di cotiche, la consistenza morbida. Il cotechino si consuma cotto, sia caldo che freddo.

 

Salamella Mantovana

E’ una salsiccia di carni suine (magro di spalla, grasso morbido di rifilatura di pancetta e prosciutto) macinate, salate, condite con aglio e pepe e insaccate in budelli preparati in filze. Lunga circa 15 centimetri, con diametro di 4, pesa dai 150 ai 200 grammi; è morbida al tatto, ha sapore gustoso di carne fresca, vago profumo di aglio, colore rosso rubino. Si vende freschissima e si consuma cotta, ai ferri o nel tegame con il vino bianco e aromi (mai lessata), oppure, dopo averla sminuzzata con le mani o con un coltello, come condimento per il riso alla pilota o come base per sughi.

 

Gras pistà (lardo battuto e condito)

E’ un lardo fresco battuto con il coltello, aromatizzato con prezzemolo e aglio: i contadini mantovani lo spalmavano sulle fette di polenta abbrustolite oppure lo aggiungevano alle minestre.

 

Greppole (ciccioli)

Le greppole sono ciccioli aromatizzati: i residui (ritagli di carne, cartilagine, grasso sottocutaneo) della lavorazione del maiale (ma anche dell’oca). Si tagliano a pezzetti e si mettono a cuocere in un pentolone di rame, con alloro ed altri aromi: col calore il grasso si scioglie e la carne vi frigge dentro. Quando il tutto smette di schiumare si scolano i pezzi di carne, che vengono conditi con sale e altri aromi e vengono pressati per far sgocciolare il grasso e si fanno raffreddare. Più o meno croccanti, a seconda del grado di cottura, sono saporitissimi e si consumano come stuzzichini. Nella parte bassa del mantovano sono conosciuti con il nome dialettale di “grasöi”

Note:

Il grasso rimasto nel pentolone è lo strutto. Si fa raffreddare e solidificare in pani. Serve come sostituto del burro per tutti gli usi di cucina, ed anche oggi per molte cose è insostituibile. Dà un risultato molto più sapido e friabile del burro, anche se meno delicato e decisamente meno dolce. Lo strutto sarebbe però da preferire al burro o all’olio ad esempio nella frittura; del gnocco fritto; del pesce, ecc. in quanto la frittura è più fragrante e meno unta.

 

Polenta:

Impossibile parlare di cucina mantovana senza nominare la polenta.

La farina gialla necessaria per fare la polenta, si ricava dalla macinazione più o meno fine del mais normale e separata dal germe mediante setacciatura. È detta abburattata quando si macina tutto il granturco e si separa solo la crusca. La vitrea, o semola o fioretto è quella macinata a grana grossa. Fumetto è la farina macinata finissima, adatta per dolci o per l'alimentazione dell'infanzia. Quanto tempo serve perché cuocia al meglio? Un'ora, anche se qualcuno dice quarantacinque minuti, più un altro quarto d'ora. Ricordate: più la polenta cuoce e più sarà digeribile e buona. Non avete tanto tempo a disposizione? Esistono ottime farine precotte ma, anche se la confezione dice che cuoce in un quarto d'ora, voi andate avanti per mezz'ora e il risultato vi ripagherà della fatica. Una regola molto importante: la polenta non impazzisce, ma è come la maionese: perché sia proprio buona, deve essere girata sempre nello stesso verso.

Un trucco perché la polenta non faccia i classici, odiosissimi fraticelli: osservate attentamente l'acqua della polenta, quando dà  segno che sta per bollire, ma non bolle, incominciate a versare la farina mescolando energicamente. Si scioglierà nell'acqua in modo uniforme e al bollore si rapprenderà senza frati. Non siete tanto esperti e i fraticelli ci sono comunque? Usate subito un frullatore ad immersione, poi continuate con il mestolo a spatola. Altri trucchi per avere una polenta saporita sono l'aggiunta all'acqua di un paio di cucchiai di olio d'oliva e una foglia di salvia o alloro.

La polenta, una volta cotta e ve ne accorgete subito perché si stacca perfettamente dalle pareti del paiolo, va versata con un colpo secco sul tagliere. Per tagliarla non usate lame di metallo, ma coltelli di legno. Il massimo è imparare ad usare il filo, bianco, di cotone e da cucito, che si tende serrandolo tra le dita e si affonda nella polenta: la fetta sarà netta, pulita.

Per la polenta mantovana si utilizza il 50% di farina a macinatura fine ed il 50% a macinatura grossa.
Con 1/2 Kg. di farina, complessivamente, servono da 2,5 a 3 litri di acqua, secondo il tipo di farina e secondo il tempo di cottura.

L'acqua, salata, si porta a bollore e vi si versa lentamente, a pioggia, la farina gialla. Si continua poi la cottura, mescolando in continuazione, per almeno un'ora. La polenta deve risultare morbida ma consistente. Se durante la cottura dovesse addensarsi troppo, si può aggiungere acqua bollente per diluirla. Appena versata sul tagliere è ottima per accompagnare carni o sughetti vari ma, può anche essere condita con un un semplice ragù di carne o di pomodoro, non dimenticando una abbondante spolverata di Grana o Parmigiano.

Una volta raffreddata invece la si può tagliare a fette che verranno poi abbrustolite sulla griglia nel seguente modo:

Mettere su fuoco vivo la griglia e quando ben calda vi si depositano le fette di polenta e così si lasciano fino a che le stesse non vi fanno capire, saltellando sulla piastra stessa, che è il momento di girarle. Ma per gustarla in modo originale, bisogna tagliare (dalla polenta fredda) fette  un po’ più sottili delle precedenti ed immergerle in una padella dove sia stato messo olio o meglio strutto (portato a forti temperature). Friggere le fette fino a quando non siano croccanti, scolarle usando due forchette, riporle in un piatto e spolverarle di zucchero. Attendere un po’ che si raffreddino e gustarle. Attenzione la polenta può essere tiepida fuori ma, all’interno, avere temperature impossibili.

 

Melone

Da quanto è possibile conoscere, il territorio della provincia di Mantova, e in particolare la zona di Viadana, iniziarono a essere interessati dalla coltivazione del melone verso la fine del XV secolo.

Tradizionalmente coltivato sui terreni alluvionali e fertili della piana alluvionale del Po (Viadana e Sermide), nell’ultimo ventennio è nato un altro importante centro di produzione nell’area di Gazoldo e Rodigo (comune del Parco del Mincio). In quest’area si concentrano i tre quarti della produzione lombarda di meloni. Ognuna delle tre zone menzionate ha un proprio periodo di produzione: i primi frutti provengono dal Sermidese, poi seguono quelli del Viadanese, per finire, nella zona di Gazoldo e Rodigo, con il melone della Postumia. Tra le varietà più coltivate si annoverano la Harper e la Supermaket (di media precocità), la Tamaris (tardiva), la Calipso (a produzione scalare). A giugno si tiene a Sermide una Fiera nazionale del melone. Si consuma da solo come frutto oppure come secondo piatto unito al prosciutto. Alcuni lo gradiscono con una spolveratina di sale.

 

Grana Padano Dop

Ricca di acque e quindi di foraggi che alimentano una fiorente zootecnia, la Valle del Mincio dà un contributo rilevante alla produzione di questo notissimo formaggio vaccino, la cui denominazione d’origine copre tutto il bacino padano, dalle sorgenti al delta del Po, comprese le montagne trentine. La tecnica di produzione è codificata nel disciplinare, approvato dall’Unione Europea nel 1996. Il latte crudo di due mungiture dello stesso giorno, parzialmente scremato per affioramento, è posto in grosse caldaie di rame e scaldato a 31, 33 gradi. La cagliata è rotta in particelle delle dimensioni di un chicco di miglio; si passa quindi a due successive cotture, la prima a 43, 44 e la seconda a 54, 56 gradi. Quando la massa è sufficientemente elastica la si estrae con dei teli dividendola in due blocchi che verranno collocati nelle fascere. Rivoltate più volte e salate in bagno di salamoia per 28 giorni, le forme sono messe a maturare in locali climatizzati (temperatura 18, 20 gradi, umidità 85%) dove stagionano per un periodo variabile dai 12 ai 36 mesi, durante il quale sono costantemente tenute sotto controllo, rivoltate e pulite. La crosta – che deve portare i marchi del Consorzio di Tutela, con il numero di casello e la data di produzione – è dura, liscia e spessa, di colore giallo scuro o dorato. La pasta è giallo paglierino, finemente granulosa, con frattura a scaglie: non presenta occhiature e in bocca è fragrante, con sapore deciso ma al tempo stesso delicato, mai piccante è formaggio da tavola e da grattugia.

Come si consuma

Il Grana Padano può essere consumato nei modi più svariati, grattugiato, a scaglie o a lamelle. In ogni versione aggiunge un delicato sapore ai cibi che accompagna, senza sovrastarne il gusto, ma completandolo e valorizzandolo. Nella versione più giovane, con circa un anno di stagionatura, è un ottimo formaggio da tavola, mentre quando supera l’anno e mezzo di invecchiamento è più compatto e più adatto alla grattugia.

È ottimo come aperitivo abbinato a vini bianchi, fermi, frizzanti o spumanti, mentre, a fine pasto, si può abbinare a vini rossi, meglio se invecchiati.

Note:

Dopo averlo grattugiato, le rimanenti croste vengono spesso utilizzate in cucina unite ad esempio in piccoli cubetti alle verze, oppure messe direttamente a cuocere nella pentola del brodo di carne o di verdure ma, sono qualcosa di unico se abbrustolite alla griglia.

 

LAMBRUSCO MANTOVANO (DOC)

Il Lambrusco Mantovano Doc è considerato la bandiera enologica della Bassa Padana orientale. Eletto a “vino della tradizione” dagli emigranti che lo hanno esportato fin oltre oceano, il Lambrusco Mantovano trae origine dai vitigni coltivati fra il fiume Oglio e il fiume Po e nell’Oltrepò mantovano. In queste terre la tradizione vinicola risale al tempo dei benedettini, come dimostrano le testimonianze sull’imposta vinicola che i monaci di Polirone imponevano agli affittuari a cui affidavano le proprie terre.

Come si consuma

Per coglierne appieno il gusto, è consigliabile abbinare il Lambrusco Mantovano Doc con preparazioni poco o abbastanza strutturate, come brodini di carne, bolliti misti e cotechini in umido. Se ne consiglia la degustazione in calici per vini rosati freschi, a una temperatura compresa fra i 14 e i 16°C. Il periodo ottimale di consumo è entro uno o due anni dalla vendemmia.

Immancabile nell’accompagnare gli agnoli o caplett o surbir, tipici della tradizione mantovana ma anche per accompagnare salumi e se amabile anche per accompagnare i tortelli di zucca.

Zona di produzione: Il Viadenese e l'Oltrepò Mantovano.
Tipi: Vino frizzante da pasto.
Uve: Lambrusco.
Gradazione alcolica: 10,5°.
Colore: Rosso rubino.
Profumo: Fragrante, caratteristico, aromatico.
Sapore: Secco o amabile, sapido, frizzante.
Bicchiere: Per rosso tranquillo da pasto.
Età ottimale: 1 anno.
Temperatura di servizio: 14-16° C.


Nocino

Il nocino, anche se di origine emiliana, è molto diffuso ed apprezzato da moltissimi mantovani. Qui di seguito trovate due ricette, potrete trovarne molte altre, ma tutte si assomigliano, forse variano un poco le proporzioni o gli aromi, ma il risultato è sostanzialmente simile. Per tradizione le noci vanno raccolte il giorno di S.Giovanni, il 24 giugno.

Ingredienti:

1 litro di alcool puro (90 gradi),  27 noci acerbe con il mallo, 8 hg di zucchero, 5 chiodi di garofano, vaniglia in bastoncini (tipo liquirizia).

Preparazione:

Pulite accuratamente le noci e tagliatele in quattro parti: il guscio è ancora tenero e si utilizza anche il mallo.
Mettere in infusione il tutto, in un vaso di vetro chiuso ermeticamente per un periodo di anche sei mesi, scotendo ogni 20/30 giorni. Al termine del periodo si filtra il tutto tramite uno canovaccio.
 Prima del consumo lasciar maturare il più possibile nelle bottiglie, più aspetta e meglio è.

Note:

Con il resto delle noci si può fare un secondo nocino, seguendo queste indicazioni.:

400 gr di zucchero; 0,5 litri di alcool puro (90 gradi),  1 bottiglia (0,75 litri) di marsala secca e sempre con lo stesso procedimento, lasciare invecchiare anche 6 mesi prima di filtrare ed imbottigliare.

Inutile dire che il secondo nocino è più morbido ma alla fine non si differenzia poi molto dal primo nocino.

 

Liquore di Erba Luisa

L'Erba Luisa o Cedrina, è una pianta aromatica molto diffusa ed utilizzata, in tutto il mantovano, per la preparazione di questo liquore. E' una pianta piuttosto rustica che non necessita di particolari cure e che ha un aroma molto intenso di limone; ed il liquore ha uno splendido colore giallo-verde.

Ingredienti:

60-70 foglie, 2 litri alcool, 1 kg. zucchero, scorza di 4 limoni

Preparazione:

Mettere le foglie e la scorza dei limoni a macerare per una settimana nell'alcool. Filtrare, misurare il liquido e aggiungere lo zucchero sciolto in altrettanta acqua. Lasciar riposare per un mese (almeno).